Gianluca Nardone, 44 anni, è laureato in Giurisprudenza e ha ottenuto un Master in Business Administration all’ Alma Mater di Bologna. Da oltre quindici anni è manager di multinazionali del calibro di Fater Spa, dove attualmente ricopre il ruolo di Direttore del personale. Dalla fine del 2016 è membro del consiglio di amministrazione dell’Università D’Annunzio che ha sede a Chieti. Fra i più importanti progetti curati dall’HR Director di Fater c’è “Flexy”, la risposta proattiva alla variabilità della domanda dei mercati di riferimento che supporta la competitività degli stabilimenti di produzione della multinazionale. Nel 2015 Flexy riceve il primo premio per l’HR Innovation Partner dal 44° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale.
Grazie a Flexy è stato ideato un nuovo modello organizzativo che ha condotto lo stabilimento di Pescara verso superiori livelli di flessibilità, produttività e competitività. In che modo è possibile questo?
L’accordo integrativo aziendale sottoscritto nell’ottobre 2013 ha introdotto un modello organizzativo flessibile, chiamato “Flexy”, che si è integrato nel sistema produttivo della società. Flexy ha permesso alla Fater, in un momento storico ed economico molto complesso, di sostenere ed incrementare la propria competitività sui mercati in cui opera.
Il progetto “Flexy” è stato pensato, disegnato e sviluppato con l’obiettivo di rinnovare l’organizzazione del lavoro nei reparti produttivi della Fater SpA, garantendo una struttura estremamente flessibile, capace di rispondere velocemente alla variabilità della domanda dei mercati di riferimento. L’organizzazione “Flexy” è capace di fornire settimanalmente, per ogni singola linea di produzione, una struttura oraria dei turni di lavoro che risponde in maniera ottimale ai piani di produttività, attraverso una gestione digitalizzata quotidiana dell’organizzazione di lavoro.
“Flexy” nasce da uno studio iniziato nel luglio del 2012, periodo in cui esisteva nel Pescara Plant della Fater un’organizzazione oraria a turni in pluriperiodale in vigore ormai da 15 anni, basata su una turnazione 6 giorni su 7 a 4 team per linea. Una turnazione molto statica, con possibilità di chiamata di 14 turni domenicali nell’arco dell’anno, senza utilizzo di tool gestionali digitali. Tale organizzazione non consentiva di rispondere in modo efficace alla crescente variabilità della domanda intensificatasi negli ultimi anni. Prima di Flexy la principale risposta alla variabilità della domanda era rappresentata dalla flessibilità di team, la cui composizione aumentava e/o diminuiva in funzione dell’esigenza, attraverso l’inserimento di lavoratori con contratti flessibili di somministrazione. Il modello “Flexy” permette invece di gestire una flessibilità a 360 gradi attraverso tre livelli tra di loro integrati.
Il primo livello riguarda la scelta della base oraria (Time). Con Flexy siamo passati da una base unica e statica di orario 6/7 pluriperiodale ad una triplice base oraria associabile, non solo per l’intero stabilimento o per un intero modulo produttivo ma anche per singola linea di produzione. Le tre basi orarie, il 5 giorni su 7, il 6 giorni su 7 e il 7 giorni su 7 (ciclo continuo), possono alternarsi senza soluzione di continuità a seconda delle esigenze della pianificazione della produzione.
Il secondo livello di flessibilità garantisce la possibilità, nell’ambito della base oraria mensile innestata, di poter chiamare, con un preavviso di una settimana, da uno a tre turni lavorativi in più o in meno rispetto alla base oraria mensile (cc.dd. settimane di lavoro corte o lunghe).
Il terzo livello di flessibilità permette di poter chiamare le settimane corte o lunghe non solo per singola linea ma anche per singolo lavoratore.
In questo modo “Flexy” consente di passare, per ogni singola linea produttiva, da una settimana a 12 turni a una settimana a 21 turni, senza assorbire le ferie dei lavoratori né abusare di lavoro in straordinario. Questo anche per singolo lavoratore e per tutto l’anno.
Il contratto integrativo successivo, sottoscritto nel dicembre del 2016, ha dato continuità al percorso di forte spinta della competitività aziendale, introducendo o sviluppando istituti innovativi fortemente votati ai principi di produttività e contenimento dei costi mantenendo sempre molto alta l’attenzione verso i propri lavoratori.
Il modello “Flexy” è stato evoluto e ulteriormente strutturato con un modello orario a ciclo continuo ancora più competitivo e flessibile del precedente: 8 semi-team misti composti di lavoratori a tempo indeterminato Fater e lavoratori intermittenti, con una media lavorativa per team di 36 ore medie settimanali.
Quali sono stati i benefici in termini di stabilità occupazionale a lungo termine?
Dopo 8 mesi di studio iniziale svolto dall’HR con i responsabili di produzione e della pianificazione della produzione, si è intavolata una negoziazione sindacale con la RSU aziendale che in 3 mesi ha condotto alla conclusione di un accordo sindacale sul modello organizzativo “Flexy”. E’ seguito un accordo di prossimità ex art. 8 dl 138/2011 con i sindacati territoriali, dove si è prevista una deroga alla disciplina legale del contratto di lavoro intermittente, funzionale all’implementazione del modello organizzativo flessibile.
“Flexy” permette infatti di utilizzare i lavoratori intermittenti per adeguare l’organico di linea alle esigenze produttive settimanali, permettendo una continuità produttiva e garantendo adeguati riposi settimanali a tutti gli operatori coinvolti.
Sono seguiti due mesi di recruiting e formazione di ragazzi da contrattualizzare in “job on call” e l’implementazione del software “Flexy” in grado di gestire, efficientemente ed in accordo con i requirement legali, il nuovo modello organizzativo, consentendo di pianificare gli organici di linea in tempo reale e gestire le chiamate quotidiane di circa 148 lavoratori intermittenti coinvolti.
Il contratto integrativo del 2016, il successivo a quello del 2013, ha ulteriormente innovato lo strumento soprattutto a livello giuslavoristico favorendo l’occupazione stabile senza perdere di flessibilità organizzativa. E’ stata infatti ideata una nuova tipologia di contratto di lavoro a tempo indeterminato part-time misto.
Il part time flessibile rappresenta un’evoluzione dello strumento del lavoro intermittente, generata anch’essa con lo strumento dell’accordo di prossimità ex art. 8 dl 138/2011, che offrirà stabilità lavorativa a numerosi lavoratori, senza perdere la leva competitiva della flessibilità.
Che ruolo gioca la formazione all’interno della piattaforma digitale?
Fater investe ogni anno oltre 1 milione di euro in formazione. Tale continua attenzione alle persone, alle loro competenze ed al loro sviluppo nell’organizzazione, è stata ulteriormente rimarcata nel nuovo Accordo integrativo aziendale. Per i lavoratori turnisti è previsto un ulteriore programma di formazione, che si va ad aggiungere alla già ampia formazione erogata in turno, da svolgersi al termine del primo turno in pillole di due ore ognuna, su tematiche non solo specialistiche e tecniche, ma anche trasversali.
Per tutti i lavoratori con contratto di lavoro intermittente è stato inoltre costituito un apposito “college” con l’obiettivo di aumentare le competenze dei lavoratori mediante formazione sia trasversale che tecnica. Al termine di ogni corso frequentato, ai lavoratori si rilascia una certificazione di frequenza e di qualificazione professionale. Lo scopo è quello di garantire maggiore qualità professionale ai lavoratori interessati ed al contempo incrementarne l’occupabilità al termine dei contratti di lavoro con Fater, in caso di mancato inserimento nell’organizzazione stabile.
Quali sono stati i vantaggi per l’Azienda? E quali quelli per i lavoratori?
Il modello “Flexy” ha permesso di incrementare la competitività aziendale, muovendo da una strategia produttiva push ad una pull, produciamo just in time in funzione del fabbisogno reale dei mercati, riducendo quindi gli inventari, adeguando in maniera molto efficiente la produzione alla richiesta del mercato. Tutto questo riducendo i costi sia fissi che variabili aumentando tuttavia sia il salario dei lavoratori che i servizi welfare offerti anche ai lavoratori flessibili. Nell’immediato futuro sarà possibile, nell’ambito della medesima riduzione dei costi, garantire delle assunzioni a tempo indeterminato in modalità part time flessibile, nella configurazione di un contratto completamente innovativo costruito con un accordo di prossimità con le RSU, sulla base delle peculiari esigenze aziendali.
Pensa che Flexy possa essere un modello esportabile in una qualsiasi realtà produttiva?
Nel 2017 “Flexy” è stato riapplicato anche nello stabilimento produttivo di Campochiaro. Ad oggi il modello “Flexy”, da un nucleo sperimentale di 300 persone, coinvolge circa 700 lavoratori a tempo pieno e 148 lavoratori intermittenti. “Flexy” è di certo un modello esportabile in qualsiasi realtà produttiva organizzata con orario a turni, con necessità di flessibilità, anche settimanale. Una flessibilità costruibile su leve di time (riduzione o aggiunta di turni con massima velocità e flessibilità) e di team (aumento o riduzione team con preavvisi minimi e contratti di lavoro nuovi e diretti, senza intermediazioni).